CNR di Pozzuoli. “Come distinguere microplastiche e plancton per salvare il Mare”

Identificazione di microplastiche tramite Imaging olografica e Machine Learning

Le microplastiche sono tutte quelle piccole particelle di materiale plastico di dimensioni minori di 5 millimetri che inquinano i nostri mari e i nostri corsi d’acqua potabile. Vengono ingerite dalla fauna marina che le scambia per fonte di cibo (plancton o microalghe), dunque le ritroviamo inconsapevolmente nei nostri piatti. Come citato nell’articolo precedente: La plastic tax e le aziende impegnate a trovare soluzioni per l’inquinamento, la tossicità di queste microplastiche, per l’uomo, non è ancora stata scientificamente dimostrata ma come precisato dall’Istituto superiore di sanità: “inficia la salute dell’uomo”. Dunque “pulire i mari” non significa solo rastrellare la superficie da bottiglie galleggianti, ma anche eliminare in modo oculato ogni scoria di inquinamento soprattutto di tipo plastico.

Il gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isasi) di Pozzuoli, in collaborazione con il gruppo di intelligenza artificiale di Lecce si sono posti l’obiettivo di trovare soluzioni innovative efficaci e rapide per la distinzione tra microplastiche e plancton. Trattandosi infatti di organismi microscopici, non è per niente facile osservare tale distinzione. Il metodo più utilizzato per l’identificazione è la Stereomicroscopia, ma è anche poco accurato, infatti individua microplastiche in un range di dimensioni da 0.1 a 1 mm. Come spiegato daVittorio Bianco assegnista e Pasquale Memmolo, ricercatore di Isasi-Cnr: “Dimensioni ridotte degli inquinanti e la vasta eterogeneità dei campioni marini finora hanno impedito di effettuare uno screening automatico più accurato”. L’identificazione invece con un normale microscopio è complessa e duratura, invero si effettua l’analisi di un campione di acqua pretrattata. In generale quasi tutti i metodi sono o troppo dispendiosi o poco accurati, ma tutti hanno in comune il fatto che il processo di elaborazione è di lunga durata.

Dall’unione di questi due gruppi di ricerca nasce l’HPI (Holographic Plastic Identification), un approccio innovativo che lega la microscopia olografica con l’intelligenza artificiale per analizzare e monitorare velocemente in situ campioni di acqua nei fiumi e nei mari. Il microscopio olografico è un microscopio digitale che si basa sul classico principio dell’olografia: memorizzazione di un’informazione visiva con impiego di laser la cui registrazione olografica è effettuata attraverso una lastra. La differenza è che il microscopio digitale proietta l’ologramma attraverso un sensore e non su una lastra. Inoltre l’imaging tridimensionale richiede 3 sorgenti laser nel campo del visibile per ottenere altrettante immagini, ricevendo così un incremento della risoluzione spaziale. L’IA (Intelligenza Artificiale) è dunque addestrata, tramite tecnica di machine learning, ad analizzare campioni d’acqua e quindi distinguere le microplastiche dal plancton. Questa tecnologia è molto rapida con la possibilità di analizzare “migliaia di campioni l’ora”, come precisato da Pierluigi Carcagnì, ricercatore del Cnr-Isasi. È molto accurata infatti lo studio, pubblicato su “Advanced Intelligent System”, mostra che è possibile testare i campioni da 20 μm a 1mm ed è oltretutto low cost, con la possibilità di realizzare configurazioni in situ.

Bianco e Memmolo del Cnr-Isasi hanno inoltre aggiunto: “L’inquinamento dei mari dovuto alla plastica è una delle maggiori emergenze ambientali che ci troviamo ad affrontare. Quando questi inquinanti scendono fino a dimensioni microscopiche, il problema è ancora più allarmante: le microplastiche possono infatti essere ingeriti della fauna marina destinata al consumo, entrando nella catena alimentare e causando effetti negativi sulla salute anche umana”.

DdL