EVA: un nome femminile che indica un “universo”!

EVA è l’acronimo di Extra-vehicular activity. Chi di noi la mattina non si sveglia e va a far colazione su una stella!

Extra-vehicular activity, l’insieme di “qualsiasi operazione spaziale o attività performata al di fuori dell’ambiente protettivo di una navicella spaziale richiedente supporti vitali supplementari o indipendenti per l’astronauta stesso”.

Sebbene non sia così remota la propensione mista a presunzioni di alcuni di costruire un treno a mo’ di “Galaxy Express999” (manga, anime, serie televisiva, lungometraggio giapponese degli anni ‘80), le EVA su cui poniamo ora l’attenzione sono quelle dei nostri astronauti: pochi giorni fa c’è stata la prima delle space-walk di Luca Parmitano nell’ambito della sua attuale missione.

Il primo italiano ad essere a capo della Stazione Spaziale Internazionale è oramai considerato l’uomo dei record: sarà leader delle “passeggiate spaziali” che serviranno a riparare il cacciatore di antimateria AMS-02 (Alpha Magnetic Spectrometer). Lo strumento, operativo dal Maggio 2011, fu progettato con una cospicua partecipazione dell’Italia grazie all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), ma la riparazione fu prevista una volta riportato lo strumento a Terra. L’impresa, già cominciata lo scorso 15 Novembre da AstroLuca non ha precedenti!

Il primo intervento è stato un successo e si attende con ansia il secondo: a fine Novembre rimarremo ancora una volta col fiato sospeso ad osservare i minuziosi interventi, svolti comodamente da una tuta spaziale. Insomma, chiunque potrebbe mantenere la calma e il sangue freddo, lontano da casa, fuori da una navicella spaziale, in una tuta pesante, magari con un “cordone ombelicale” che ti tiene in vita, con tanto di detriti minuscoli che hanno la stessa pericolosità di una pallottola sparata a bruciapelo…

Tutta questa ironia per porre l’accento sulla pericolosità effettiva di una missione extra veicolare, senza contare i possibili effetti che una condizione “anormale” per il nostro fisico, per quanto allenato, possa riscontrare.

Dovremmo ricordare a tutti, contrariamente rispetto a quanto si senta in giro, che le missioni spaziali non sono fini a se stesse, ma c’è chi rischia la vita lì dove molti non avrebbero il coraggio di andare neppure per piacere.

  “L’entusiasmo per la ricerca che AMS ha trasmesso alle nuove generazioni di ricercatori e l’esperienza che hanno maturato in una collaborazione internazionale così competitiva permetteranno loro di proporre e guidare nuovi progetti, anche più ambiziosi, mantenendo così alta l’eccellenza italiana in questo campo” così affermava Bruna Bertucci, allora responsabile INFN e vice-responsabile internazionale del progetto AMS, nelle sue interviste nel Dicembre 2016, quando l’AMS era ad appena 5 anni di attività ed aveva già ricoperto un ruolo predominante nell’osservazione di fenomeni legati ai raggi cosmici.

La situazione si prospetta rosea, l’Italia continua ad avere un ruolo di spicco, continua a dimostrare di essere in grado di competere e la più grande presa di coscienza del mondo intero avviene anche grazie ad AstroLuca!

Vittoria Di Palma