Il patrimonio culturale italiano può essere difeso anche dal cielo

I velivoli a controllo remoto per salvare le ricchezze del territorio.

E’ questo uno dei temi al centro di “Technology for All 2018”, il forum dedicato all’innovazione tecnologica per il territorio e l’ambiente, i beni culturali e le smart city.
Pompei e i droniL’evento si svolgerà a Roma dal 3 al 5 ottobre prossimi presso l’Istituto Superiore Antincendi (ISA), la scuola di alta qualificazione del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Si discutera di come sviluppare e applicare le più recenti tecnologie per il territorio con l’utilizzo di analisi geospaziale, realtà virtuale  e con droni per l’aerofotogrammetria realizzando imaging con sensori iperspettrali, sistemi per il BIM (Building Information Modeling), tecnologie italiane per le smart city e il PNT (Positioning Navigation & Timing).

Un programma di raccolta dati da satelliti e droni, integrati con quelli già presenti nella Carta del Rischio, potranno fornire infatti preziose informazioni per il monitoraggio e la manutenzione programmata di edifici storici, chiese, siti archeologici e proprietà architettoniche vincolate, riducendo il pericolo di crolli che, come successo anche di recente, sempre più spesso colpiscono costruzioni di elevato pregio artistico e culturale.
Realizzare una la “Banca dati del Rischio”, che, grazie ad algoritmi già disponibili, potrebbe undicare il livello di vulnerabilità di ciascun sito, consentendo alle amministrazioni di pianificare per tempo gli interventi partendo dalle strutture più a rischio.

L’utilizzo di questa banca dati, basata sui sistemi informativi del Ministero dei Beni Culturali (Carta del Rischio, Vincoli in Rete, ecc.), sarebbe di notevole utilità nel territorio di Pompei Ercolano ed altri siti napoletani, ma, può anche essere utilissima per le squadre di soccorso che intervengono in seguito a catastrofi naturali per recuperare e verificare lo stato di salute dei beni culturali. “Il sistema fornisce elenchi di beni mobili e immobili delle zone colpite dai disastri, attraverso i quali avviene il riconoscimento immediato del bene con relativo numero di catalogo, che consente di poterli gestire attraverso azioni di recupero o intervento mirate”, spiega Carlo Cacace, direttore del Servizio Sistemi Informativi Automatizzati presso l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro del Ministero dei Beni Culturali, in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero della rivista Archeomatica. “Questo protocollo di intervento, che migliora non solo la fase emergenziale di recupero ma anche quella post-emergenziale, si compone di alcune fasi specifiche: recupero del bene e fase di schedatura delle informazioni principali (posizione, stato di salute, ecc.), collocazione all’interno di un deposito di emergenza, conclusione della fase di schedatura, realizzazione dell’intervento di restauro vero e proprio e, infine, ricollocazione nel luogo di provenienza”.