Professione brand reporter nell’era del Web journalism

Le imprese e le istituzioni del nostro Paese sono attrezzate per comunicare nell’era del web journalism.

Le imprese sono attrezzate a contenere l’ondata della Web Comunication? Qual è la grande differenza tra il web writing e il web journalism?

Grazie al Web le imprese e le organizzazioni no profit, possono comunicare direttamente con il proprio pubblico diventando editori e fare informazione. Un cambiamento epocale che richiede lo sviluppo di nuove competenze, radicate negli ambiti più tradizionali del giornalismo, del marketing e della comunicazione d’impresa. A queste se ne aggiungono altre, più specifiche della comunicazione digitale, nate in parte dalla fusione di tutti questi ambiti e quindi inedite.

La disrupture, la rottura seguita alla fine di un modello industriale e culturale, ha segnato negli ultimi anni mestieri e professioni assai diversi tra loro, sostiene Gianni Riotta, ma ”in nessun mestiere, sostiene il giornalista, però, la metamorfosi è stata più radicale che nella comunicazione”. “Il canone classico, definito dal sociologo Jürgen Habermas nella sua lontana tesi di dottorato del 1962, Storia e critica dell’opinione pubblica, prevedeva che una democrazia sviluppata s’informasse attraverso una “sfera” di opinioni dibattute e condivise. La catena del giornalismo professionale vagliava “i fatti” e li trasmetteva poi, secondo un codice preciso, al pubblico”. Erano i giornalisti a decidere che cosa, o no, “facesse notizia”, agli intellettuali, alla classe dirigente, a quelli che Enzo Forcella definiva “i 1500 lettori” – politici, industriali, prelati, sindacalisti, i Vip dell’epoca – decidere come orientare i ragionamenti della società. Al pubblico non restava che attendere, passivo, la loro selezione.

La prima frattura arriva con il 1968, quando la generazione educata nella scuola di massa prova a usare mezzi di comunicazione “alternativi” (i ciclostilati e i volantini, le radio libere, i megafoni), per parlare e comunicare aldilà dei “mass media” ufficiali.  In poco tempo una nuova platea della comunicazione si costituisce oltre i tradizionali “comunicati stampa” adottati dalle istituzioni, aziende e dai partiti.

Dopo con il riflusso si avvia la lunga la transizione verso una ricomposizione della comunicazione “top-down” che si avvale della forza persuasiva del marketing, della comunicazione commerciale. Nuovi protagonismi, è una pesante pressione s’innesca nel sistema, si ricompongono gerarchie di potere tra i comunicatori e i mezzi di comunicazione. L’orientamento dell’utente nel senso più largo del termine assume il goal più inespresso di molta comunicazione.

 Sarà il web, con i social media, a trasformare, in pochi tumultuosi anni, la struttura piramidale della comunicazione in rete, dove la struttura anarchica, molecolare, progettata da Berkeley alla Sorbona dagli studenti del 1968, È messa online dai loro figli e nipoti con una rivoluzione che non ha uguali dalla stampa di Gutenberg.

Tecniche e strumenti dell’informazione digitale, comunicazione d’impresa,  formazione e caratteristiche dei nuovi professionisti dell’informazione sono i temi dell’intervista a Carlo Fornaro, uno dei più accreditati esperti di quella che oggi è la professione del Brand Reporter.

Carlo Fornaro si occupa dì Comunicazione d’ìmpresa da circa trent’anni. Negli ultimi venti ha diretto la Comunicazione e le Relazioni esterne di Vodafone ltalia, del Gruppo Rizzoli Corriere della Sera (RCS Media Group), del Gruppo Luxottica e del Gruppo Telecom Italia. Ha costituito la Fondazione Vodafone Italia, di cui è stato Consigliere di Amministrazione.  Nel 2013 ha fondato Scomunicare.