Sulle pagine di Facebook sono ormai decine le foto e i post di operai di Alenia di Capodichino che esprimono il loro disaccordo con il progetto di Polo delle manutenzioni che prevede il loro passaggio in Atitech.
Che gli operai Alenia vogliono restare nel gruppo di Finmeccanica dimostrando senso di appartenenza alla società aeronautica per molti è una notizia. Certamente c’è nella loro reazione anche molta preoccupazione dall’uscire da un grande gruppo, “Siamo e resteremo sempre Alenia” oggi postano, dove è possibile, molti di questi sono i giovani passati per la trafila interinale e poi assunti dall’azienda di Finmeccanica. E’ a loro che oggi si chiede di passare in Atitech, com’è avvenuto per altri loro colleghi in anni passati a Capodichino anche se provvisoriamente e con modalità diverse. Questa ‘appartenenza’ espressa dai lavoratori oggi è una notizia e riporta a una riflessione su come si sia riuscito a dissipare quel patrimonio di autentica identificazione dei dipendenti con l’azienda aeronautica che invece era fortissima in passato.
Nell’industria aeronautica – a differenza di tutte le altre imprese dove l’automazione determina in gran misura la qualità del prodotto – sono ancora indispensabili le competenze e l’esperienza dell’operatore, sia esso operaio sia progettista. Il velivolo, di qualunque modello e tipo, ha un suo mercato non solo per il costo. L’acquirente di aereo per la portata dell’investimento richiede il massimo dell’affidabilità, il rispetto delle prestazioni dichiarate, la qualità nei dettagli ed efficienza garantita. Sono aspetti che per le lavorazioni aeronautiche nessuna automazione del processo industriale potrà mai garantire.
Negli anni dello sviluppo dell’industria aeronautica campana l’identificazione dei lavoratori con quello che facevano e con loro azienda, parallelamente con le idee politiche e sociali anche condivise e vissute con passione, ha rappresentato la chiave di lettura più semplice per capire come in oltre trent’anni in Aeritalia e poi Alenia si siano vinte scommesse industriali straordinarie, dalla rimotorizzazione e dal trasferimento a Napoli da Torino del G222, e poi B767 e i programmi con Airbus e Boeing e ATR che ha consentito ad almeno due generazioni di sentirsi protagonista di una grande avventura industriale.
Poi anche per le aziende di Finmeccanica si è aperta la stagione dei mediocri, quella dei manager che durano la stagione di qualche anno, asserviti al management della finanziaria o di quelli nominati – come i parlamentari – dai loro padrini politici. I nuovi programmi e le produzioni ponevano problemi di efficienza e produttività del sistema produttivo per cui si è ricorso al lavoro somministrato che ha alterato quell’equilibrio che garantiva la continuità delle competenze acquisite bloccandone il trasferimento tra le generazioni di lavoratori. Infine con la precarietà si è spazzato via quel processo d’identificazione del dipendente con l’azienda e il lavoro. Il sindacato non attrezzato e inadeguato a gestire un contesto simile ha fatto il resto, innestando e alimentato un sistema di consenso che rincorre i modelli degenerati della politica, con tutto quello che ne consegue per il livello delle relazioni industriali.
Nei prossimi giorni assisteremo sulla vicenda del Polo delle manutenzioni a Capodichino allo spettacolo del già visto. Domani i sindacati incontreranno il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, poi lunedì prossimo in Regione Campania, dopo l’incontro delle scorse settimane ‘di grande utilità convocato d’urgenza dal presidente’, sarà convocato un altro tavolo con Caldoro su tutta la questione Finmeccanica Campania. E poi?..