
AEROPOLIS ricorda il manager con un contributo di ENZO MATTINA
La città di Pomigliano D’Arco ricordi l’Ing. FAUSTO CERETI
Si è spento a 93 anni un grande protagonista della storia della crescita, del progresso dell’industria aeronautica italiana e campana.
Fausto Cereti nasce a Genova nel 1931 laurea in Ingegneria meccanica e aeronautica, figlio di Carlo Cereti, Rettore dell’Università di Genova negli anni 1948-1962, insignito di numerose onorificenze tra cui la medaglia d’oro ai benemeriti della scuola di cultura e arte, da giovane partecipò alla Guerra ’15-’18, ricevendo la croce di guerra al valor militare e rifiutò il giuramento di fedeltà alla Repubblica Sociale e per questo fu condannato a morte per aver firmato «l’appello antifascista dei 44 e costretto a nascondersi fino alla Liberazione».
Ho conosciuto l’ing. Cereti quando arrivò a Napoli nei primi anni 70 dello scorso secolo a seguito dell’accordo tra FIAT AVIO e Aeritalia, che diede poi vita all’Alenia.
Veniva dalla Fiat, ma dal primo giorno si dedicò a costruire l’identità partenopea dell’Alenia, rimanendo a Napoli, quando la FIAT ritornò sui suoi passi.
Direttore generale e poi Amministratore delegato, è stato l’artefice della crescita dell’azienda a Pomigliano, Capodichino e poi a Foggia e Taranto, oltre che in Piemonte.
Con l’ing. Bonifacio riuscì a fare dell’Alenia un’azienda aeronautica di grandi dimensioni presente in più regioni d’Italia, ma soprattutto nel nostro Mezzogiorno.
Il mio ricordo va al 1978, quando mi fu offerto dal Governo americano la permanenza di un mese di ospitalità negli Stati Uniti.
Di quella trasferta ebbero notizia Cereti e Bonifacio, che erano anch’essi negli USA. Mi rintracciarono e mi misero al corrente delle trattative che avevano in corso con la Boeing, manifestandomi la loro preoccupazione per via della conflittualità sindacale che in quel periodo era piuttosto consistente.
Mi chiesero di usare la circostanza della mia ospitalità di alto profilo politico di cui godevo per chiedere di visitare la Boeing a Seattle e incontrare i dirigenti di grado più elevato.
Riuscii ad avere l’incontro, ma dall’Italia Cereti mi fece giungere l’attestazione delle ore di sciopero perdute nell’anno precedente nella fabbrica di Pomigliano; erano molte, ma erano nell’ordine delle centinaia. Contemporaneamente, il mio accompagnatore americano mi fornì un rapporto sulle ore di sciopero consumate a Seattle e ammontavano decine di magliaia di ore.
Misi sul tavolo i due dati e sulla faccia dei miei interlocutori si stampò un gran sorriso con commenti di disappunto per le informazioni sballate ricevute sulla situazione sindacale italiana
Va da sé che mi guardai bene di spiegare la differenza tra gli scioperi a singhiozzo praticati dai metalmeccanici italiani e quelli a intere giornate praticati negli USA.
A detta di Bonifacio e di Cereti, quella chiacchiera era stata dirimente per la chiusura dell’accordo con la Boeing.
Ringrazio Fausto Cereti, anche a nome dei lavoratori metalmeccanici napoletani e pugliesi.
Un altro grazie lo esprimo in ricordo dell’impegno di Cereti per la realizzazione a Capua del CIRA Centro Italiano per la Ricerca Aerospaziale, che Prodi voleva localizzare al Nord.
Da ultimo una notazione personalissima; il papà di Fausto Cereti fu un eminente cattedratico e rettore dell’Università di Genova, che si rifiutò di iscriversi al partito fascista, pagandone le conseguenze.
Il caso vuole che un altro professore dell’Università di Genova, Alfredo Romanzi, fosse sulle medesime posizioni politiche, divenendo prefetto di Genova all’indomani della liberazione.
Era un mio lontano parente e forse anche in queste ascendenze c’era una delle ragioni del nostro rapporto.
Chiudo assumendo l’impegno con figli e nipoti di Fausto di organizzare una celebrazione a Napoli o, meglio ancora, a Pomigliano d’Arco a testimoniare il ricordo e il rimpianto per una personalità che mise a disposizione passione e competenza per sostenere lo sviluppo economico e la promozione sociale di una terra e di una popolazione troppe volte deluse dai gruppi dirigenti nazionali.