Il paradigma della fabbrica 4.0 da qualche anno è al centro di analisi e dibattiti, molti ritengono questa essere la frontiera che consentirà il ritorno di molte attività manufatturiere che in questi anni hanno lasciato i paesi europei per approdare in quelli di nuova industrializzazione.
Il governo italiano condivide queste valutazioni e investe ben 13 miliardi sul piano Industria 4.0 e per la nuova fabbrica digitale.
Il problema che ci poniamo è se Campania ancora una volta resterà al palo, oppure il mondo delle imprese riuscirà a cogliere questa opportunità e troverà nell’innovazione la strada per crescere e creare lavoro.
Le risorse sono notevoli, oltre i fondi del governo, ci sono i capitali privati e i finanziamenti previsti da altri provvedimenti, complessivamente saranno 50 i miliardi messi in campo per sostenere quella che è ritenuta la nuova rivoluzione industriale.
Ma cosa è la fabbrica 4.0. e perché dovrebbe consentire quella reindustrializzazione che è necessaria per la ripresa dell’economia e dell’occupazione.
L’industria, anche quella del nostro paese, ha un’occasione per ripartire realizzando prodotti che dalla connessione a internet trovano una nuova domanda di mercato.
Finora i dati della nuova occupazione in aziende che hanno investito in queste tecnologie sono irrilevanti, ma anche in Italia crescono le imprese che producono con l’ausilio dell’analisi globale dei dati sfruttando la connessione e la tecnologia dei microchip innestati nelle funzionalità di prodotti innovativi.
E’ un cambio di paradigma della produzione impensabile meno di dieci anni fa i cui cardini sono l’utilizzo dei dati come strumento per creare valore con impianti e macchinari che sviluppano con la potenza di calcolo delle macchine la produttività del sistema.
E’ un cambiamento rilevante del modo di produrre che richiederà nelle fabbriche ancor meno man power, che necessita di ingenti investimenti hardware, infrastrutture al limite delle barriere tecnologiche con una rete in grado di supportare i big data, i dati aperti, cloud etc… E’ un universo tecnologico dove i dati s’integrano con tutte le modalità della produzione.
Praticamente un ponte tra il digitale e la manifattura. I dati, alimento centrale del sistema, sono analizzati, processati e resi strumento per “istruire” le macchine che dovranno essere in grado di produrre i beni. E quindi stampa 3D, robot, interazioni tra macchine.
Il ministro per lo Sviluppo economico durante la presentazione del piano ha sostenuto che: «Nel 2017, non dal 2017 al 2020, cioè il prossimo anno – ha chiarito Calenda – vogliamo mobilitare investimenti privati per 10 miliardi in più » e prevediamo un « delta di 11,3 miliardi per ricerca e innovazione». Il piano, ha spiegato il ministro, sarà coordinato da «una cabina di regia. E «la verifica sarà spietata». Sarà gestita in un primo momento da governo e imprese, poi entreranno anche le Regioni.
Il sistema degli incentivi seguirà un percorso nuovo, non saranno messi più a bando perché, secondo il ministro, «è un modo per non spendere». Il piano nazionale Industria 4.0, invece, è «costruito su incentivi fiscali orizzontali».
Sostanzialmente le misure previste si attiveranno lungo diverse direttrici:
– detrazioni fiscali al 30% per investimenti fino a un milione per startup e PMI innovative;
– per i primi 4 anni di vita delle startup, altre società “sponsor” potranno assorbirne le perdite;
– detassazione del capital gain (ovvero, la “tassa sulle exit”) per chi investe a medio-lungo termine;
– un programma rivolto agli acceleratori d’impresa, con lo scopo di finanziare la nascita di nuove imprese;
– fondi dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico;
– fondi dedicati a startup a tema Industry 4.0 in co-matching.
Inoltre è previsto il supporto di Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia e fondi per Venture Capital.
Previsti anche il superammortamento (prorogato a un anno), e l’iperammortamento, (incrementato dell’aliquota al 250% per i beni I4.0).
Sempre a proposito dei soldi per ricerca e sviluppo, una rimodulazione del credito d’imposta: sarà incrementale, raddoppiando dal 25 al 50% l’aliquota della spesa interna, con un credito massimo da 5 fino a 20 milioni di euro.
Questa nuova rivoluzione «creerà più lavoro?», la risposta è nell’ambiguità di Paul Graham nel descrivere a suo avviso quale futuro avrà il lavoro nell’epoca dei robot e dell’automazione della produzione: «Io credo che il fatto che alla fine il saldo dei posti di lavoro sarà positivo, è uno schema così antico e consolidato, che l’onere della prova del contrario spetta a chiunque lo contesti. E io francamente non vedo perché dovrebbe accadere».