Aerospazio Campania – In fibrillazione le lobby dell’aerospazio

Arrestati un dirigente e un ex dipendente di Leonardo responsabile della cybersecurity.

Solo a chi non ha voluto vedere è sfuggito

uno progressivo estendersi negli ultimi anni di un cono d’ombra sulle vicende dell’aerospazio e sulla comunicazione del settore.

Bastava monitorare il web per cogliere una strana “ammuina” nella comunicazione specialistica.

L’operazione era supportata con notevoli e costosi mezzi che accreditavano soggetti portatori d’interesse di parte e personaggi discreditati o sconosciuti che si proponevano per fini chiaramente lobbistici.

Con la pandemia e relativi fondi comunitari in arrivo, anche soggetti istituzionali regionali o nazionali, dormienti da anni, anche in Campania, hanno riscoperto interesse per il destino delle imprese e dei lavoratori del settore.

Nel pieno della crisi c’è chi si è anche proposto per produrre apparecchiature sanitarie, purché finanziate; e chi ha scoperto la fattibilità di progetti di ricerca da sempre ritenuti insostenibili oppure dimenticati in armadi e dossier di vecchi finanziamenti.

Poco importa se non creeranno un solo posto di lavoro, l’importante è ritrovare la scena, alimentare “l’ammuina” per ottenere visibilità e ritrovare la credibilità.

Noi di Aeropolis – che siamo presenti da decenni nel settore e conosciamo l’ambiente – abbiamo interpretato questo risveglio come il prodotto/effetto della montagna di denaro pubblico che con la pandemia nei prossimi anni finanzieranno la ripresa delle aziende e dell’occupazione nel settore.  

Francamente riteniamo che questa “ammunia” non sia utile né alle imprese, né alla ripresa del settore, sarà invece un ulteriore danno e beffa per l’interesse pubblico e le imprese perché consentirà di dirottare denaro pubblico a fini e interessi particolari o privatistici.

La Procura di Napoli che si occupa di questa ultima vicenda di Leonardo ci conforta perché pare determinata a mantenere i fari accessi su qualsiasi deviazione dal percorso della legalità di chicchessia.

Accusato dalla Procura di rubare dati e progetti industriali dei siti di Leonardo a Pomigliano d’Arco è anche il responsabile della sicurezza dell’azienda, accusato di depistaggio.

Preferiamo lascar parlare il collega Felice Naddeo del Corriere del Mezzogiorno che segue l’inchiesta.

Leonardo, dipendente hacker rubava dati e progetti per la difesa dell’Italia. Aveva violato anche una base Nato

Scoperto e arrestato, in manette anche il responsabile della sicurezza accusato di depistaggio

di Felice Naddeo

Con un «cyber attacco» organizzato dall’interno dello stabilimento su numerosi computer aziendali, un dipendente-hacker della Leonardo di Pomigliano d’Arco – l’azienda che si occupa di sicurezza e aerospazio e ha il ministero dell’Economia quale principale azionista – si è impossessato per due anni di dati e progetti «top secret». Alcuni dei quali, secondo la Procura di Napoli che ha coordinato le indagini, strategici per la difesa dell’Italia. L’hacker ha inserito in decine di computer un malware che trasferiva i dati a un server esterno. Scoperto grazie alle indagini del gruppo cybercrime della Procura di Napoli, è stato arrestato ed è indagato per accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione illecita di comunicazioni telematiche e trattamento illecito di dati personali. In manette anche il responsabile del Cert (Cyber emergency readiness team) di Leonardo spa, organismo deputato alla gestione degli attacchi informatici subiti dall’azienda, accusato di depistaggio.

Colpita anche server militare degli americani

Arturo D’Elia, il dipendente arrestato, era riuscito anche a colpire, con un attacco informatico, una base Nato americana sul territorio italiano. E, addirittura, l’esperto informatico aveva inserito il cyber attacco – per il quale era stato già condannato – nel proprio curriculum. Nonostante questo reato commesso, D’Elia lavorava per la sicurezza informatica di Leonardo spa. Per gli investigatori, l’attività di hackeraggio, anche se realizzata dall’interno dello stabilimento, può essere comunque classificata come una minaccia da cyberwar o, comunque, un’azione di alto spionaggio. L’abilità di D’Elia è tale da essere riuscito a realizzare un trojan per trafugare dati difficile da individuare anche per i sistemi di sicurezza informatici di alto livello della Leonardo. Sistemi di sicurezza che sono, peraltro, tipici di un’azienda che si occupa di progetti finalizzati a sviluppare sistemi di sicurezza non solo per la difesa dell’Italia.

La prima falla nel sistema di sicurezza

La prima falla nella rete del sistema di sicurezza di Leonaro è venuta alla luce nel gennaio del 2017, quando la struttura interna di cyber security ha segnalato un traffico di rete anomalo in uscita da alcune postazioni di lavoro dello stabilimento di Pomigliano d’Arco. L’attaco era stato generato da un software artefatto denominato “cftmon.exe”, sconosciuto ai sistemi antivirus di Leonardo. Il trojan inserito nei computer riusciva a trasferire i dati verso una pagina web poi sequestrata dagli inquirenti: “www.fujinama.altervista.org”. Dalla prima denuncia di Leonardo, il flusso anomalo di dati sarebbe stato poco significativo e circoscritto a un numero ristretto di postazioni. Le indagini, invece, hanno verificato che l’attacco hacker era stato molto più esteso e significativo. Complessivamente sono stati sottratti, dalle 33 macchine bersaglio di Pomigliano d’Arco, 10 giga di dati, pari a circa 100mila files, riguardanti la gestione amministrativo-contabile, l’impiego delle risorse umane, l’approvvigionamento e la distribuzione dei beni strumentali, nonché la progettazione di componenti di aeromobili civili e di velivoli militari destinati al mercato interno e internazionale.

Hackeraggio per due anni

L’hackeraggio è durato quasi due anni, tra maggio 2015 e gennaio 2017, con un attacco informatico mirato e persistente, conosciuto come «Advanced persistent threat» o «Apt», poiché realizzato con installazione nei sistemi, nelle reti e nelle macchine bersaglio, di un malware. Il software era stato inserito nei computer attraverso chiavette usb. E permetteva di intercettare quanto digitato sulla tastiera delle postazioni infettate e catturare i fotogrammi di ciò che risultava visualizzato sugli schermi. L’attacco informatico, secondo la ricostruzione operata dalla Polizia delle Comunicazioni, è classificato come estremamente grave in quanto la superficie dell’hackeraggio ha interessato 94 postazioni di lavoro del gruppo industriale, delle quali 33 collocate presso lo stabilimento aziendale di Pomigliano d’Arco. Su tali postazioni erano configurati molteplici profili utente in uso a dipendenti, anche con mansioni dirigenziali, impegnati in attività d’impresa volta alla produzione di beni e servizi di carattere strategico per la sicurezza e la difesa del Paese.

Nel mirino anche società del gruppo Alcatel

Oltre alle postazioni informatiche dello stabilimento di Pomigliano d’Arco sono state infettate 13 postazioni di una società del gruppo Alcatel, alle quali se ne sono aggiunte altre 48, in uso a soggetti privati nonché ad aziende operanti nel settore della produzione aerospaziale. Da ulteriori approfondimenti è emersa l’attività di depistaggio da parte del responsabile del Cert di Leonardo, arrestato e posto ai domiciliari, che avrebbe dato una rappresentazione falsa e fuorviante della natura e degli effetti dell’attacco informatico per ostacolare le indagini.

5 dicembre 2020 | 10:52