Aerospazio Campania. Le luci e ombre della Cyberguerra di Pomigliano D’Arco

Lobby e politici campani nella SpyStory emersa nello stabilimento di Leonardo.

Di attacco ai dati informatici di Leonardo da alcuni giorni sono piene le pagine di giornali. In Italia lo spionaggio industriale è un reato gravissimo punito dagli articoli 621, 622 e 623 del Codice, per cui se non si trattasse di questioni serie verrebbe da credere che – per chi le ricorda – dopo le inquietanti storie di Valter Lavitola e Mario Scaramella, c’è chi oggi si diverte a costruire spy story a Napoli dopo il grande successo dei narratori partenopei del genere giallo. 

Lo scorso anno un’altra vicenda di spionaggio industriale portò agli arresti di un dirigente AVIO e di quel manager russo esperto di propulsione, fermato per volontà degli Usa all’aeroporto di Capodichino. Un arresto che – si ricorderà – scatenò l’ira addirittura del Presidente Putin perché – riportarono i giornali – riguardava un manager/spia di primissimo piano che aveva rapporti e contatti con importanti aziende aeronautiche nel mondo e – ricordiamo noi – nel nostro Paese anche con quella Link University, fucina di ministri e dirigenti delle imprese italiane, presieduta da Vincenzo Scotti.

Dal cyber attacco a Leonardo di cui stiamo parlando viene fuori una storia che risale al 2015 quando, sostengono gli inquirenti, da allora e per alcuni anni numerosi computer dello stabilimento Leonardo di Pomigliano D’Arco furono hackerati al fine di carpirne documenti e dati industriali.

Questa vicenda dimostra che la verità pubblica o è priva di punti oscuri oppure non è. In questa storia di Pomigliano D’Arco non tutto è completamente chiaro e noto all’opinione pubblica.

Per esempio perché questa vicenda viene fuori solo adesso con tanto clamore.  Chi sono in realtà questi professionisti accusati della violazione e a chi hanno venduto le informazioni sottratte. Che cosa cercavano e cosa hanno rubato in quei computer di Pomigliano D’Arco.

Noi francamente stentiamo a immaginare che le macchine potessero contenere dati e informazioni di tale importanza da giustificare un reato cosi grave di personaggi che ci sono presentati come tutt’altro che provveduti, eppure il responsabile di Leonardo per la sicurezza informatica Antonio Rossi è agli arresti domiciliari, e la galera ospita Arturo D’Elia, oscuro personaggio ex consulente informatico del gruppo dell’Aerospazio e Difesa.

Il Rossi, dipendente Leonardo, avrebbe coperto e depistato le indagini della magistratura sull’operato criminale di D’Elia che secondo gli inquirenti avrebbe avuto disponibile anche documenti sottratti a DEMA.

Diversi giornali riportano che i giudici avrebbero ricostruito che D’Elia sarebbe approdato nel gruppo attraverso «passaggi del tutto anormali e inusuali» anche perché aveva una precedente condanna definitiva d’intrusione nei dati informatici della base dell’aviazione americana in Oklahoma.

Il personaggio sarebbe stato anche consulente per Nci, agenzia della NATO che si occupa di cybersecurity, e in Leonardo per quell’incarico sensibile per la sicurezza aziendale l’avrebbe voluto Andrea Biraghi, l’ex responsabile della Divisione Sistemi della sicurezza che nel maggio del 2018 fu «allontanato su decisione dell‘ad Alessandro Profumo a causa di presumente irregolarità nella gestione dei subappalti», anche se oggi è lecito pensare che questa spyStory non sia stata estranea al suo licenziamento.

Al Biraghi, riporta La Repubblica, D‘Elia era stato segnalato da generale dei carabinieri Romolo Bernardi, il quale avrebbe riferito di essere stato a sua volta contattato – attraverso un alto ufficiale dell’Arma – dal senatore Franco Cardiello, noto personaggio della politica campana, prima del MSI e Alleanza Nazionale, poi di Forza Italia e capo della segreteria e collaboratore di Alessandra Mussolini. Nel luglio 2010 Cardiello fu eletto in Senato dopo le dimissioni di Sergio Vetrella quando il professore divenne assessore regionale durante la stagione di Stefano Caldoro.

Il Blob mediatico lievita rapidamente nonostante la pandemia, la credibilità del gruppo Leonardo si perde per strada, i coni d’ombra rischiano di restare tali coprendo quei dettagli fondamentali per capire cosa è veramente successo in quella azienda, e com’è inevitabile in Campania, saltano sul palcoscenico personaggi della classe politica che non sono mai fuoriscena nelle vicende più torbide.