Coronavirus – Gli scenari della Iata e le ricadute sul trasporto aereo

La Iata ha reso noto i dati sul crollo della domanda dei voli e prospetta due scenari: quello peggiore con una perdita pesantissima di ricavi e passeggeri per il nostro Paese. Globalmente si va da meno 56 a meno 101 miliardi di euro.

Il giornale ROMA ha intervistato Antonio Ferrara, presidente di Aeropolis sulle ricadute che si potrebbero avere sul comparto campano.

C’è una filiera d’imprese in Campania che investe in innovazione per la subfornitura alle grandi aziende dei cieli. E’ l’industria trasporto aereo, un settore che genera un fatturato tra 1,7 e 2,3 miliardi di euro (dati Srm), un valore aggiunto elevato e circa 10mila addetti. Da qualche anno però il settore nella nostra regione stenta a crescere e vola basso. Il velivolo ATR fa i conti con un calo della domanda del mercato e l’altro grande progetto industriale A380 è stato chiuso da AIRBUS. Oltre alle politiche di sostegno finanziario che il governo ha concesso a Leonardo e alla filiera, forse sarebbero necessarie una governace regionale adeguata e una politica industriale nazionale che riuscisse a dare prospettive e slancio agli investimenti delle imprese del settore.

Adesso ci si mette anche il Coronavirus che rischia di mettere in ginocchio questo che è un comparto strategico dell’industria nazionale e campana.

In Cina la maggior parte delle aziende di produzione non ha ripreso l’attività e le forniture per i paesi importatori non vengono evase.

Delle conseguenze che potrebbero avere le imprese e le prospettive del settore ne parliamo con Antonio Ferrara, analista di mercato aeronautico, giornalista e direttore di Aeropolis, l’associazione degli operatori aeronautici.

-Il comparto campano dipende dunque dalla Cina?

Se ci riferiamo all’industria del trasporto aereo civile, ci sono alcune aziende della Campania che hanno investito direttamente in Cina e altre che hanno collaborazioni industriali con piccole e grandi imprese cinesi. Non penso, tuttavia, che il comparto regionale dipenda direttamente da quello che succede in Cina. Piuttosto le conseguenze sul piano della domanda di mobilità mondiale che si potrebbero avere nel caso che questa vicenda del Coronavirus non rientrasse in pochi mesi, potrebbero intaccare le motivazioni che hanno sostenuto non solo nella nostra regione lo sviluppo del comparto. Considera che questo virus arriva dopo Ebola che dal 1976 si è riproposto fino al 2010. I Paesi e mercati occidentali ne sono stati immuni, ma questa infezione è nata in Cina e non in Africa, ed è arrivata in Europa e in America. E se si riproponesse nei prossimi anni, anche con nomi di virus diversi, potrebbe creare timori e preoccupazioni verso vaste aree e territori, e alla lunga intaccare uno scenario di crescita di quella domanda di mobilità dei cittadini che negli ultimi due decenni ha trascinato nel mondo e nel nostro Paese la crescita dell’industria aeronautica del trasporto civile.

 -che cosa importiamo dalla Cina?

Meglio sarebbe cosa esportiamo in Cina. Quel Paese ha sopratutto bisogno di tecnologia, in particolare ne hanno un bisogno disperato nell’industria del trasporto aereo dove il Governo cinese ha deciso di creare nel prossimo decennio alcune migliaia di nuovi aeroporti e l’industria cinese sta sviluppando ambiziosi progetti di nuovi aerei. I nostri campioni dell’industria nazionale come Leonardo hanno accordi industriali con i cinesi e non poche PMI e piccole aziende nazionali e alcune campane, forniscono componenti tecnologicamente evoluti e supporto alla progettazione.

-a quali conseguenze si va incontro?

Il problema non sono sole conseguenze che potrebbero aversi a breve dall’interscambio con la Cina, piuttosto l’impatto che si avrebbe nel tempo su quelle motivazioni culturali e di business che in questo decennio hanno spinto almeno un miliardo di persone a prendere per la prima volta un aereo. Un mezzo di trasporto che prima era precluso, per diverse e innumerevoli ragioni, a oltre il 70% della popolazione mondiale.

Non si produrrà il velivolo regionale, il Far East può essere un mercato di sbocco per le aziende campane?

Leonardo guarda alla Cina per lo sviluppo del CR929, un grande jet da 280 posti. Aveva provato a collaborare con i cinesi nel 2016, alla versione precedente C919, ma non se ne fece niente.  Pochi ricordano che l’azienda italiana faceva produrre ai cinesi le porte dell’ATR, sperando di arrivare a quel mercato immenso, ma anche quel tentativo non produsse risultati.  Pochi anni fa ATR e i Canadesi con il loro Q400, separatamente e per proporre il loro velivolo, come avevano in precedenza fatto sia Boeing che Airbus, proposero ai cinesi un accordo commerciale che prevedeva di realizzare stabilimenti direttamente in Cina. Loro hanno sempre fatto orecchio da mercante. Il governo cinese ha deciso di produrre autonomamante una famiglia di turboelica regionali e ha mantenuto dazi che limitano l’importazione di aerei al di sotto di un certo numero di posti escludendo praticamente i velivoli ATR e Q400 dal loro mercato. Una domanda che nei prossimi venti anni significa decine di migliaia di nuovi aerei.