Al lavoro con il mandolino l’ottanta per cento dei dipendenti della Divisione Aerostrutture di Leonardo.
Con la quasi totalità della flotta aerea mondiale messa a terra a causa del coronavirus e dopo la riduzione dei ratei produttivi decisi da Boeing e Airbus, c’era molta preoccupazione per l’esito dell’incontro tra il management di Leonardo e i vertici nazionali dei sindacati.
L’azienda ha invece informato che Boeing ha confermato le produzioni previste dai precedenti contratti, ma con previsioni annuali e non più pluriennali. Le attività per Airbus subiranno invece un rallentamento produttivo del 30% che incideranno sui volumi produttivi prevalentemente campani dal 2021.
I timori che potessero emergere criticità erano in particolare per le attività degli stabilimenti della divisione aerostrutture dove sono localizzate le produzioni per Airbus e Boeing.
Il costruttore americano ha reso noto di avere in corso una larga campagna di sostegno alle dimissioni di dipendenti degli stabilimenti chiusi per contagio da Covid-19. Airbus invece ha deciso in queste ore di ridurre il tempo di lavoro per 3.000 dipendenti nei suoi stabilimenti francesi. Analogo provvedimento è atteso per i dipendenti ATR di Tolosa.
Per il programma ATR il responsabile della Divisione Aerostrutture ha confermato gli investimenti. Il discorso si fa complicato per le previsioni produttive e di mercato del turboelica perché è plausibile che né Schisano né lo stesso management di Blagnac hanno idea di quale sarà la nuova domanda di trasporto aereo civile regionale dopo la pandemia.
Infine il manager ha sostenuto che Leonardo spera di acquisire altre attività dall’assegnazione del programma aeronautico dei cinesi di Comac, attesa entro il 2020.
Il Governo da parte sua fin dal primo decreto di marzo ha consentito l’apertura degli stabilimenti del comparto, anche se la decisione di continuare la produzione di velivoli militari ha innescato non poche polemiche.
Come si verifica dall’inizio di questa crisi, in ogni ora del giorno, su qualsiasi argomento che s’incrocia con la vicenda del coronavirus, anche sulla questione se lasciare o no aperti gli stabilimenti del comparto dell’aerospazio e difesa, alcuni sono stati gli interventi autorevoli e molti i contributi di esperti improvvisati.
Il Governo e l’azienda nella polemica hanno mantenuto un profilo basso lasciandola decantare e fidando sull’accordo con i sindacati.
La questione se continuare sulle attività militari significava decidere se chiudere gli stabilimenti delle regioni del Nord, dove è noto, come sostiene il direttore di Libero, Vittorio Feltri che ”non si suona il mandolino, ma si vuole lavorare”. E, infatti, com’è stato comunicato dal capo della Divisione Aerostrutture di Leonardo, Giancarlo Schisano, in queste settimane di maggiore diffusione del Coronavirus, l’80% dei lavoratori campani e pugliesi sono stati a suonare il mandolino nelle aziende della divisione Aerostrutture e una media del 60% hanno lavorato negli stabilimenti della divisione Velivoli.
A Grottaglie i lavoratori tra una suonata e l’altra di mandolino hanno trovato il tempo anche per produrre valvole per respiratori polmonari.