La Regione Campania, le prospettive delle imprese dell’aeronautica e il nuovo ATR. Il 2 maggio dibattito in Consiglio Regionale su Leonardo e il futuro degli stabilimenti di Pomigliano d’Arco e Nola.
Nei giorni scorsi sul Corriere del Mezzogiorno si è aperto un confronto sui temi dell’industria manifatturiera campana dopo la recente iniziativa istituzionale della Consigliera Regionale Valeria Ciarambino sul futuro degli stabilimenti aeronautici napoletani di Leonardo.
La consigliera regionale dei cinquestellati ha avuto il merito di polarizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sul comparto aeronautico e ottenere una discussione pubblica in Consiglio.
Noi abbiamo scelto d’intervenire sui temi posti dal dibattito utilizzando il Web e il network per raggiungere i nostri follower.
Il tema del rilancio dell’aerospazio, come è stato detto anche da chi è intervenuto sul Corriere, deve essere affrontato dalle istituzioni regionali e nazionali con una determinazione diversa da com’è stato fatto finora perchè negli anni immediatamente prossimi, se resterà irrisolta potrebbe essere causa di una gravissima crisi industriale e sociale.
La Ciarambino ha chiamato in causa il presidente Vincenzo De Luca e i suoi assessori accusando la Regione sostanzialmente di un colpevole immobilismo. La questione sarà discussa nell’aula del Consiglio il prossimo 2 maggio dove saranno illustrati i contenuti della recente delibera regionale (DGR n° 35 del 23.01.2017.pdf), resa nota e distribuita ai consiglieri nei giorni di aprile.
Come associazione condividiamo molte delle valutazioni che sono emerse nel dibattito sul Corriere, in particolare conveniamo sulla centralità del tema del nuovo programma ATR, anche se pensiamo che sia necessario inquadrare la vicenda in un contesto che in quest’ultimo anno ha visto l’estendersi di nuove criticità dell’intero comparto nazionale per le crescenti difficoltà di mercato dei programmi aeronautici proprietari di Leonardo.
I dabattiti su Leonardo e le sue imprese rischiano di restare un esercizio politico perchè evidentemente le difficoltà del gruppo nazionale dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza sono le conseguenze di un mercato sempre più difficile per quelle aziende espressioni di paesi politicamente deboli, oppure che non sono supportati da governo e istituzioni politiche, come lo sono le aziende di altri Paesi, oppure che non sono parte integrante dei grandi gruppi aeronautici mondiali.
Il Governo e la Politica dovrebbero decidere se ritengono l’industria italiana dell’aeronautica civile ancora strategica per l’economia nazionale, e, in caso affermativo, definire con il management una strategia condivisa per riposizionarla nel mercato, rilanciando i prodotti, ridefinendone le alleanze e le collaborazioni internazionali.
La questione ha una valenza politica e sociale e interessa il futuro di centinaia di aziende e decine di migliaia di posti di lavoro non solo nel Mezzogiorno.
La vicenda del velivolo ATR, che per oltre trent’anni ha rappresentato lo “zoccolo duro” del comparto aeronautico campano, racchiude in sé molte delle problematiche che riguardano anche altri programmi, non solo civili. Sono passati 35 anni da quando Jacques Mitterrand e Renato Bonifacio, rispettivamente il presidente di Aerospatiale e di Aeritalia, firmarono l’accordo di cooperazione sul velivolo regionale avviando il programma aeronautico ritenuto il migliore esempio di collaborazione industriale tra partner europei.
L’aereo in questi decenni ha ottenuto uno straordinario successo commerciale. Negli anni ATR ha superato indenne le difficoltà conseguenti al successo travolgente dei velivoli regionali jet e si è rilanciato quando questi hanno sofferto dei costi operativi troppo alti in un mercato fortemente liberalizzato, con bassi margini e condizionato dai costi del carburante.
I costruttori hanno prodotto ATR in configurazioni e versioni diverse e più volte è stato rimodernato e ottimizzato pur mantenendo la fusoliera e la classe di motori sostanzialmente gli stessi. Per anni, troppi, i due partner Finmeccanica e Airbus hanno discusso inutilmente di realizzare un nuovo velivolo. Ora siamo al capolinea perché i nuovi ordini ATR risentono di un calo notevole: il costo del carburante si va stabilizzando favorendo il ritorno degli operatori sui jet regionali, i margini delle aerolinee si restringono e la domanda di velivoli si sposta su quelli con maggiore disponibilità di posti e, argomento non certo secondario, altri costruttori aeronautici in Asia propongono al mercato velivoli turboelica di nuova progettazione.
In queste condizioni la domanda delle aerolinee di 2.800 nuovi velivoli turboelica regionali, previsti nei prossimi venti anni, sarà difficilmente intercettata da ATR e riteniamo che sarà difficile anche proporre un prodotto di sostituzione per i suoi oltre 1.500 aerei venduti.
Al produttore franco italiano resterà il mercato dell’assistenza e manutenzione e queste attività non riguarderanno stabilimenti campani e italiani.
Lanciare un nuovo velivolo turboelica, i cui costi di sviluppo sono stimati intorno ai 2 miliardi, sarebbe quindi industrialmente vantaggioso per i costruttori, se non altro per il mercato di sostituzione.
Si discute del nuovo progetto da circa dieci anni; le regioni Campania e Puglia e la Comunità Europea hanno finanziato numerose attività e progetti su questo nuovo programma. La decisione però non è mai arrivata, bloccata, come ha rivelato Mauro Moretti in Parlamento, dal partner francese AIRBUS che non è interessato alla produzione di un nuovo velivolo regionale.
La questione ATR ha assunto quindi una valenza sovranazionale e politica, il dossier dovrebbe trovare spazio in tavoli rappresentativi e legittimati, dove decidere se e come Leonardo debba acquisire la quota francese in ATR e lanciare da solo il progetto. Un’opzione che può essere assunta solo nel contesto di un nuovo equilibrio di relazioni politiche e industriali tra i Paesi del Vecchio Continente necessario dopo lo scossone che negli ultimi mesi ha investito l’Europa e l’Occidente.