Il gruppo di Alessandro Profumo protagonista del centenario dell’Amma.
Fare squadra per il rilancio industriale del Paese e del territorio regionale. Da Torino, dal seminario promosso in occasione del centenario dell’Amma – l’associazione delle imprese metalmeccaniche e meccatroniche torinesi fondata nel 1919 per iniziativa di Giovanni Agnelli – arriva un ulteriore appello degli industriali del settore dell’aerospazio al mondo delle istituzioni e della politica.
Ospite del convegno Lucio Valerio Cioffi, managing director della Divisione Velivoli di Leonardo che non si è sottratto alle sollecitazioni della platea e degli altri relatori e a proposito del ruolo positivo del suo gruppo ha anticipato che se In Piemonte i dipendenti di Leonardo sono oggi oltre tremila persone, presto diventeranno 4.000.
«Siamo anche in fase di stabilizzazione su Cameri, carichi giustificano un incremento di risorse interne» ha affermato Cioffi. «Ma non è soltanto una questione di numeri — ha proseguito Cioffi —Leonardo in Piemonte è soprattutto una serie di competenze storiche e di prodotti, e in particolare l’anima ingegneristica di tutti i prodotti della Divisione Velivoli».
Dopo il tramonto del Triangolo Industriale e la fine dell’accelerazione della crescita economica che nel Novecento ha prodotto cinquant’anni di sviluppo – è stato detto – è ora necessario consolidare in fretta un nuovo modello industriale tale da sostituirsi a quello del passato, hanno affermato gli imprenditori piemontesi, e modello al quale ispirarsi è ingegneria, digitale e conoscenza.
Sul territorio Leonardo è protagonista su questa scacchiera dello sviluppo, si è impegnata a partecipare ai programmi del Competence Center, è perno del nuovo distretto aerospaziale e artefice del Parco Aeronautico di corso Marche, dove sorgeranno laboratori per formazione tech degli studenti del Politecnico e dell’Università.
«Un Piano Marshall della formazione». «Il rischio Paese — ha sostenuto Gianfranco Carbonato di Prima Industrie e gia presidente di AMMA — non ci aiuta, come non ci aiutano il carattere troppo difensivo che ha assunto il capitalismo familiare italiano e la sua eccessiva dipendenza dal credito bancario. Non chiediamo regali, ma di poter lavorare in un ambiente più competitivo. C’è un grande deficit di formazione, mancano le competenze che servono. È assurdo che facoltà come ingegneria abbiano il numero chiuso».