Piaggio Aerospace – Il punto di vista di un manager Leonardo sulla vicenda del gruppo aeronautico ligure

P.1HH e S211 Siai Marchetti.
P.1HH e S211 Siai Marchetti.

Il programma P.1HH  e le analogie con la storia dello sviluppo del Siai Marchetti S211 .

Pubblichiamo volentieri un post  al dibattito sulla vicenda Piaggio Aerospace inviato al blog di Aeropolis (1)

Sono ormai mesi che Piaggio Aerospace è in amministrazione straordinaria, precisamente dal 22 Novembre del 2018, giorno in cui il CDA, giudicato irrealizzabile l’ennesimo piano di rilancio dell’azienda, aveva inviato al Mise (Ministero sviluppo economico) la domanda per il suo commissariamento.

In queste settimane abbiamo assistito a vari episodi critici per l’azienda: dal pagamento posticipato degli stipendi a Dicembre ai mancati incontri al Mise infine alla richiesta di cassa integrazione per le oltre mille persone comunicata dal commissario Nicastro pochi giorni fa. Oltre a questi episodi permane l’incertezza sul destino della commessa per il P.1HH per l’Aeronautica Militare Italiana: da un lato lo stato Maggiore sembra abbia le idee chiare nel non ritenerlo adeguato alle necessità, dall’altro lato la parte politica intende utilizzare questo finanziamento per lo sviluppo del modello in modo da poter sostenere l’azienda e renderla in grado di superare il momento difficile.

Questo in sintesi è l’epilogo di una vicenda lunga e a tratti poco chiara che ha origine dal 2010, quando l’azienda decise di sviluppare un drone, il P.1HH per l’utilizzo militare.

Allora doveva sembrare un progetto che partiva con i migliori auspici: un progetto innovativo, il drone, uno sviluppo completamente finanziato da capitali propri e cioè quelli del fondo Mubadala, un partner per la parte elettronica di estremo prestigio, Leonardo e due Aeronautiche di due stati sovrani potenzialmente interessate all’acquisto del drone o meglio del sistema drone come sarebbe più appropriato chiamarlo. Vi era un unico punto debole che probabilmente era passato inosservato, ossia il fatto che il progetto non rispondeva ad un preciso requisito della nostra Aeronautica Militare ma seguiva uno sviluppo basato su requisiti interni.

Nel settore della difesa e precisamente nel settore dell’Aeronautica non è consueta una circostanza di questo tipo, in altri termini quando il progetto richiede risorse ingenti e sviluppi che si prolungano negli anni i costruttori partono sempre da un requisito del cliente, evidentemente delle aeronautiche o degli eserciti, e contrattano prima della partenza i costi di sviluppo nonché le unità che il cliente andrà ad acquistare. Questo primo contratto serve a coprire i costi di progettazione della macchina e rende quindi possibile il completamento del progetto e l’apertura verso mercati internazionali dove individuare nuovi clienti.

Nel passato abbiamo avuto una vicenda simile quando sul finire degli anni settanta la Siai Marchetti decise di sviluppare un addestratore a getto in aperta concorrenza con l’allora Aermacchi.

Gli appassionati di aerei si ricorderanno l’addestratore Siai Marchetti S211 progettato e fatto volare nel tempo record di 14 mesi (forse un record mai superato da altri costruttori) con soluzioni talmente innovative che l’architettura di questo aeroplano è rimasta la base per lo sviluppo di altri addestratori a decenni di distanza. Anche l’S211 era completamente finanziato da capitale di rischio e non seguiva un requisito preciso dell’Aeronautica bensì un concetto moderno ed innovativo volto a ridurre il costo di addestramento dei piloti per l’utilizzo di aerei a getto.

Allora sembrò normale avere due aziende concorrenti sullo stesso prodotto del medesimo paese, anzi della medesima provincia, oggi sarebbe ritenuto un grande spreco di risorse ma si sa i tempi erano diversi ed il contesto pure.

E’ utile ricordare l’episodio perché presenta varie analogie con la vicenda che si svolge in queste settimane. Infatti dopo aver realizzato i primi voli ed il collaudo l’S211 costruito dalla Siai Marchetti non venne acquistato dalla nostra aeronautica militare la quale era già dotata dell’Aermacchi MB339 che sebbene di una generazione precedente era già stato adottato qualche anno prima.

In totale la Siai vendette una settantina di unità a paesi quali Singapore, Haiti ed alle Filippine, un volume di unità modesto rispetto al potenziale dell’aereo ed ai piani di vendita; non andò a buon fine neanche il concorso per la fornitura di addestratori all’Aeronautica Americana dove, anche in quel caso, l’Italia concorse con due modelli di due aziende Italiane …

A seguito del mancato decollo dell’S211 la Siai entro in un processo di aggregazione delle industrie aeronautiche che inesorabilmente avrebbe prima visto prima la Siai Marchetti venire acquisita dall’allora Agusta, poi l’Aermacchi dall’allora Aeritalia / Finmeccanica ed infine tutte queste in Finmeccanica e poi Leonardo qual è la cronaca di questi ultimi anni.

Come detto questo racconto ha forti analogie con l’attuale vicenda di Piaggio e la condizione per cui quest’ultima possa evolvere in maniera positiva e non come accaduto nel passato consiste nell’imparare dalla storia e non commettere i medesimi errori.

Perché infatti quello che emerge oggi come allora e l’assenza di un sistema paese che decide come e dove allocare le risorse.

Dovremo imparare dai nostri vicini Europei ed in primis dai Francesi i quali forti di un sistema di controllo accentrato sono in grado di prendere decisioni di sistema e non contingenti. Non ci possiamo concedere il lusso né oggi né allora, e non se lo può più concedere nessuno, di avere due sviluppi di droni in concomitanza, anzi forse tre: infatti oltre al P.1HH ormai prossimo alla conclusione dell’iter di sviluppo avremo l’Euro Male per il quale Leonardo vuole concentrare le risorse insieme agli altri partner europei ed inoltre il progetto, sempre Piaggio, del P.2HH evoluzione del primo e tutto da sviluppare.

Cosa fare allora ? Partiamo dalle necessità e da come la situazione si è evoluta in questi ultimi anni nonché dagli attori principali della vicenda.

Lo Stato Maggiore dell’Aeronautica che è certamente il key player di questa vicenda, nelle parole del Generale Rosso, è molto chiaro nel dichiarare che il “sistema drone” P.1HH non risponde ai requisiti della nostra aeronautica.

Se l’AMI non ritiene il sistema impiegabile figuriamoci l’Aeronautica degli Emirati Uniti quanto può essere interessata all’acquisto. Come e perché in nove anni di sviluppo la Piaggio non si sia accorta di ciò rimane difficile da spiegare al pari di alcuni avvenimenti rimasti misteriosi e non spiegati quali la caduta di un prototipo in mare di cui tuttora non si sa la causa.

Ma tant’è e quindi bisogna capire bene dove e perché il P.1HH non rispetta i requisiti di un moderno drone e se può essere modificato per portarlo al livello dei suoi concorrenti.

Il secondo attore della vicenda è Leonardo che non è più interessato a sviluppare congiuntamente l’elettronica del sistema ponendo quindi una pregiudiziale netta sullo sviluppo della versione P.2HH in quanto Piaggio non può da sola produrre la parte elettronica. Leonardo infatti si vuole concentrare sul progetto europeo dove evidentemente vede un business sicuro e proficuo.

L’ulteriore ipotesi che Leonardo acquisisca Piaggio risulta poco credibile in quanto andrebbe ad aggiungere ad una divisione, la Velivoli, già in deficit di lavoro un altro scatolone vuoto di ordini.

Poi abbiamo gli arabi, sempre meno propensi ad investire capitali in un’azienda che finora ha bruciato quasi 600 milioni di euro. L’aeronautica degli Emirati Uniti poteva munirsi di droni acquistandoli da molti potenziali produttori, Americani e non solo, evidentemente in Piaggio vedeva la possibilità di acquisire non solo il prodotto ma anche la tecnologia necessaria a produrli, in linea con il generale interesse di questi stati nel diversificare gli investimenti in previsione della fine delle riserve petrolifere.

Oltre a questi stakeholder poi abbiamo chiaramente i sindacati, propensi ad un intervento o dello stato direttamente tramite i finanziamenti per il drone o indirettamente tramite Leonardo con l’acquisizione, in modo da poter mantenere inalterati i livelli occupazionali e poi singoli attori interessati a spezzettare Piaggio per acquisire il ramo manutenzioni motori anziché i contratti di manutenzione sugli MB339 che l’azienda ha con l’Aeronautica.

Insomma un insieme di piccoli interessi sparsi che vuole approfittare della crisi per acquistare a saldo pezzi dell’azienda.

Se allora non ci possiamo concedere due produttori di droni che cosa può fare il sistema Italia per Piaggio ?. Sicuramente non possiamo lasciarla alla sua sorte perché significherebbe impoverire la nostra struttura industriale che già ha debolezze importanti.

Una di esse è la forte polverizzazione delle aziende componenti la filiera, cioè a fianco di colossi come Leonardo, Fincantieri, GE Avio e pochi altri abbiamo un tessuto di imprese composto da unità fondamentalmente piccole che, appunto per la dimensione, faticano a competere sui mercati internazionali dove viene richiesta una dimensione necessaria a sviluppare innovazione e know how.

Piaggio rimane uno dei pochi costruttori che ha una dimensione non grande ma rilevante e che soprattutto ha capacità di sviluppo, disegno, commercializzazione e produzione dei suoi prodotti. E’ questa la particolarità che la distingue dalle altre aziende del comparto che possiamo definire come fornitrici in quanto non dotate di un loro prodotto. Per cui se il sistema paese intende preservare la filiera aeronautica ed anzi svilupparla deve trovare una soluzione al caso, bisogna capire come questo drone o il suo sviluppo successivo possano essere utili alla nostra aeronautica e quindi consentirne lo sviluppo in modo da mantenere in vita l’azienda. Questo lo si può fare se vi è volontà da parte di tutti e si trova un nuovo management adatto, condizione essenziale per il suo rilancio.

Perché il problema di fondo di Piaggio è che non è stata gestita bene negli ultimi dieci anni.

Non è certamente un compito facile riuscire a far quadrare gli interessi di tutti e quelli del paese ma se non è questa l’arte della politica allora qual è ?

(1)L’autore del post è un ingegnere Meccanico con lunga esperienza in ambito industriale e attualmente è un dirigente del gruppo Leonardo.